la
storia di
leone

“Leone è nato perfetto a fine aprile del 2013. Sin dalla nascita ha sempre avuto un carattere definito: testardissimo, deciso, a volte punitivo. Allegro, spigliato, presente. Non era da grandi relazioni, super amorevole, di quelli che fanno ciao con la manina. Lo abbiamo lasciato essere sé stesso, rispettando il fatto che tutti i bambini sono diversi. Ha iniziato a mostrare strani disagi a un anno, sembrava soffrire di mal d’auto. Dopo un po’ di curve prima vomitava e poi sveniva. Abbiamo capito solo dopo che non riuscendo a guardare fisso ciò che aveva intorno, si sentiva male. Poi quando a 14 mesi ha iniziato a camminare, inclinava la testa verso la spalla. Però abbiamo pensato: “cammina da due minuti, è tornato dal mare, gli darà fastidio l’orecchio”. Iniziamo col cambiare pediatra per avere un’opinione diversa rispetto al suo comportamento. Da lì inizia prima l’ossessione, pensi “mio figlio non mi guarda”, comincia a sembrarti strano come osserva gli oggetti e studia il loro funzionamento e individua in un istante l’unico capello sul maglione. In quel momento è davvero difficile restare razionali mentre sei colpito da raffiche di informazioni: persone che si esprimono, specialisti, cose da fare. La prima diagnosi di Leone dopo accurate visite ed esami accurati è stata: spettro autistico con disturbo della comunicazione, aveva 18 mesi. La seconda diagnosi di spettro autistico con disturbo del linguaggio e della comprensione e così via con altre diagnosi che erano sempre meno positive e che lasciavo ben poche speranze. Così ci siamo rimboccati le maniche, tra fiumi di lacrime seppur concessi in rari momenti, stanchezza, crolli ma anche tanta voglia di farcela e di tappare la bocca a tutti quei clinici e professori che neanche provano a vedere oltre.

La storia di Leone
La storia di Leone
La storia di Leone

Cercando e provando mille terapie tradizionali, sperimentali e parallele, che sicuramente hanno aiutato Leone, abbiamo capito però che per i bambini come lui il gioco è dovere, l’interesse non è scontato, l’inclusione è rara e le cose divertenti, goliardiche e varie sono poche per non dire rare. Oggi Leone non parla, non ha la voce per dire per testimoniare le sue emozioni e lo fa come può: stereotipie continue, rabbia, urla, crisi di pianto, frustrazione e paura. La paura abita ancora di più la sua anima. E non ci sono parole per rassicurarlo perché le parole non oltrepassano la barriera dei suoi sintomi. Il mondo è fuori e lui sembra solo all’interno del suo muro. Per un genitore non è semplice fare i conti con l’impotenza e non si riesce sempre a mettere da parte il nervosismo. L’istinto è sempre quello di urlare perché anche noi adulti ci spaventiamo, ma ahimè è necessario non farlo, perché qui le giornate sono lunghe e l’energia e l’attenzione ruotano intorno a Lui. Mi rendo conto che l’accesso a Leone è fatto di piccole cose, lo guardo, abbasso la voce, affievolisco le mie paure perché devo entrare piano piano nelle sue, tento come posso di strapparlo all’angoscia. Non ci sono parole ma gesti, lenti, piccoli movimenti, lo sfioro, lo abbraccio quando lui me lo concede, il più delle volte tento di oltrepassare quella soglia rispettando come posso quel confine tra il mio linguaggio e il suo. Ogni giorno io, la tata, il mio compagno, proviamo a riempire questi spazi vuoti, cercando di rendere la sua vita più “normale” e impedendo all’autismo di farsi strada con maggior potenza e sconquassare mio figlio, infilandosi in ogni spazio.

La storia di Leone
La storia di leone
La storia di Leone

Poi è arrivato Marzo 2020 con il lockdown e questo è il momento in cui abbiamo riflettuto maggiormente, la sospensione della vita che stiamo subendo tutti favorisce l’osservazione e la riflessione sui diversi aspetti della nostra vita. Stare a casa con il proprio figlio è un privilegio per una mamma che lavora: metti finalmente da parte i sensi di colpa e ti dedichi, perché quando ci sei tu, lui vuole te e solo te e, ammettiamolo, non passiamo mai così tanto tempo con i nostri figli. Un tempo che ora diventa anche di qualità perché questo è il mio principale obiettivo: il suo benessere. Occuparsi di un bimbo come Leone, autistico, con disturbo da deficit di attenzione e iperattività, non verbale, con disturbo della comprensione e della comunicazione è già un’esperienza unica di vita, in quarantena lo è ancor di più. Leone ha realizzato che la scuola, i compagni, il papà, la terapia, il centro di riabilitazione non facevano più parte della sua vita, ha iniziato a soffrire nel suo modo particolare. Ma nella vita solita, quando si lavora e non si ha la possibilità di stare sempre con loro per seguirli, spronarli e motivarli come si fa? La terapia se si è fortunati copre 4 ore settimanali, per alcuni c’è la scuola ma il resto del tempo? I bambini come nostro figlio hanno bisogno di routine e di prevedibilità, si attaccano alle abitudini per rassicurarsi, ma hanno anche tanta voglia di scoprire e la loro curiosità va alimentata perché hanno bisogno di sviluppare i loro interessi. L’autismo non si ferma mai, né per le vacanze, né per una quarantena, è sempre qui, ma se riusciamo a guardare oltre, c’è molto da scoprire e da fare e si può percepire la luce. Leone mi insegna ogni giorno qualcosa, ma soprattutto mi insegna cos’è l’entusiasmo, quello vero, per le piccole cose, quello che ti fa tenere il sorriso, la voglia di combattere e la positività, perché in fondo siamo fortunati.